Giudiziario

Cassazione conferma ergastolo per Olindo e Rosa: respinta la revisione

La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta di revisione del processo per Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all'ergastolo …

Cassazione conferma ergastolo per Olindo e Rosa: respinta la revisione

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La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta di revisione del processo per Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all'ergastolo per la strage di Erba. La decisione, attesa da tempo, pone fine a un lungo percorso giudiziario caratterizzato da ricorsi e istanze di riapertura del processo. La Suprema Corte ha confermato la colpevolezza della coppia, ritenendo insufficienti le nuove prove presentate dalla difesa per mettere in discussione la sentenza di condanna emessa in primo e secondo grado.

La difesa di Romano e Bazzi aveva puntato su nuove perizie scientifiche e su presunti vizi di istruttoria presenti nel processo originale. Secondo gli avvocati, queste nuove prove avrebbero potuto dimostrare l'innocenza dei loro assistiti o, quanto meno, la necessità di una rivalutazione del quadro probatorio. Tuttavia, la Cassazione ha respinto queste argomentazioni, confermando la validità del processo e la certezza della condanna. La decisione della Corte chiude, almeno per ora, le porte a una nuova fase processuale per la coppia, condannata per l'orribile massacro familiare che nel 2006 sconvolse l'opinione pubblica.

La strage di Erba, che vide la morte di quattro persone, tra cui due bambini, rimane uno dei casi di cronaca nera più efferati della storia italiana. La condanna di Romano e Bazzi, seppur oggetto di numerose controversie nel corso degli anni, ha sempre costituito un pilastro fondamentale della ricostruzione giudiziaria. La sentenza della Cassazione, pur nel rispetto del principio del giusto processo, mette quindi un punto fermo su un caso che ha profondamente segnato il Paese. La decisione della Corte, per quanto definitiva, non potrà mai cancellare il dolore e il ricordo delle vittime e delle loro famiglie, alle quali restano, a distanza di anni, le cicatrici di una tragedia indelebile. La sentenza rappresenta un punto fermo per la giustizia italiana, ma anche un promemoria della complessità e della delicatezza della gestione di casi di tale portata.

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